lunedì 6 gennaio 2014

Appunti di enologia: Fermentazione alcolica e fermentazione malolattica

La trasformazione del mosto in vino è stata per secoli considerata come un dono divino.
Solo nel XIX secolo si scoprì, grazie a Pasteur, che la fermentazione era opera dell'attività dei lieviti e che la produzione di sostanze indesiderate nella vinificazione era dovuta alla presenza di microrganismi di varia natura (batteri e muffe in particolare).

Luois Pasteur (1822-1895)

I lieviti sono microrganismi unicellulari e si distinguono:
- lieviti apiculati (a forma di piccolo limone), si trovano sulle bucce delle uve e sui raspi, iniziano velocemente i processi fermentativi (spesse volte con produzione di una quantità eccessiva di acido acetico) e tollerano poco sia l’anidride solforosa sia l’alcol etilico da essi stessi prodotto;
- lieviti ellittici (a forma di ellisse), aggiunti al mosto, resistono bene all’alcol etilico e all’anidride solforosa, producono sostanze secondarie molto utili per completare i profumi e i sapori del vino, e solo piccole quantità di acido acetico; i lieviti selezionati più utilizzati appartengono alla famiglia dei Saccharomyces cerevisiae (lievito di birra) e sono la varietà ellipsoideus e la varietà oviformis (indicato nei processi di spumantizzazione in quanto resiste bene alle sovrapressioni).

Fattori che influenzano l’attività dei lieviti sono la quantità di ossigeno (fondamentale per la moltiplicazione dei lieviti e per evitare la formazione di composti ridotti) e di sostanze azotate (fondamentali per la crescita dei lieviti).


La fermentazione alcolica, svolta dai lieviti, consiste nella trasformazione degli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico più anidride carbonica (più calore):
Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica + energia termica

La prima fase di fermentazione (che dura circa 7-10 giorni),  è detta tumultuosa poiché l’anidride carbonica che si forma fa ribollire il mosto; mentre la fase successiva è detta lenta (dura 1-3 mesi).

L’alcol complessivo di un vino è la somma dell’alcol svolto (alcol realmente presente nel vino ed obbligatoriamente riportato sull'etichetta espresso in volume %, es: 12,5%) ed alcol potenziale, ovvero quello che si otterrebbe se si facessero fermentare anche gli zuccheri residui (vini dolci).

Con la fermentazione alcolica si formano anche altri alcoli, polialcoli (glicerina), acidi organici (acido succinico), esteri, aldeidi ed altre sostanze secondarie determinanti nel delineare il profilo sensoriale di ogni vino.

Nelle annate calde i vini risultano spesso più strutturati e vellutati, perché le uve essendo più mature al momento della raccolta risultano anche più ricche di fruttosio (meno preferito dai lieviti rispetto al glucosio) e la fermentazione porta a una maggiore produzione di glicerolo.


La fermentazione malolattica, svolta da batteri lattici (lactobacilli), consiste nella trasformazione dell'acido malico in acido lattico più anidride carbonica:
acido malico = acido lattico + anidride carbonica

La fermentazione malolattica può avvenire spontaneamente in primavera in seguito al normale rialzo termico, ma più spesso si utilizzano colture selezionate di batteri lattici, e porta ad una diminuzione dell’acidità del vino, che risulta più morbido ed equilibrato.  

L’acido malico è infatti l’acido organico più aspro presente nelle uve e nel vino, l’acido lattico invece è il più delicato, il più dolce.

La fermentazione malolattica la si fa spesso nelle annate fredde quando l’uva è più ricca di acidi; nelle annate calde gli acidi invece sono in bassa concentrazione perché l’uva ha maturato più rapidamente.

In seguito a questa fermentazione si modifica anche il profumo del vino; i toni erbacei divengono meno marcati e si accentuano le sfumature di noce, vaniglia, spezie, cuoio e tostature.


Per approfondimenti circa i lieviti e la fermentazione alcolica rimando ai seguenti link:


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