sabato 28 marzo 2015

Arnaldo da Villanova e i vini medicamentosi


"Il vino ... raggiungendo tutto il corpo allarga massimamente le vene, libera il fegato, espelle dal cuore la tenebrosa fumosità che genera tristezza, corroborando tutte le membra del corpo." (Rufo d'Efeso, medico greco, seconda metà del primo secolo d.C.)

Grazie ad Armillaria, progetto editoriale orientato alla pubblicazione di antichi testi difficilmente reperibili in lingua italiana, ho scoperto il "Trattato sui vini" di Arnaldo da Villanova.

Arnaldo da Villanova (1240-1313) fu medico e scrittore, nonché consigliere del re d'Aragona, del papa e del re di Sicilia; fu dunque un personaggio influente ai suoi tempi e che, dopo la sua morte, ebbe fama di alchimista e mago.

Il "Trattato sui vini" è stato tradotto da Manlio della Serra a partire da un testo pubblicato nel 1586 con il lunghissimo titolo: Praxis medicinalis: Universorum morbum humani corporis, tam internorum quam externorum, curandi viam ac methodum, summa cum doctrina, cerca experientia praescribens; Tractatus varii exoterici ac chymici, ...; Accesserunt cathena aurea, et testamentum eiusdem philosophicum.

Si tratta di un testo sulla preparazione e l'utilizzo di vini, che oggigiorno definiremo "speciali", per la cura di più patologie, così come lo stesso Arnaldo spiega all'inizio della sua opera: "Poiché è giunto il tempo in cui si è soliti utilizzare i vini come medicamenti, ecco le consuete preparazioni di quelli che conservo a mente: qui li descrivo con le rispettive proprietà e virtù".

Ci tuffiamo così in un ricettario di vini medicamentosi, le cui preparazioni (che possono apparire a tratti bizzarre) sono meticolosamente spiegate, per immergerci quindi tra concetti medico-alchemici e spunti filosofici da cui emerge un affresco delle conoscenze dell'epoca ed un elogio del vino... quello "della buona vite", capace di dare "benefici sul corpo, ma anche sull'anima: la rende gioiosa, nasconde la tristezza, la aiuta nell'indagine delle realtà sottili e nella contemplazione di quelle difficili, concede sollecitudine, audacia e prodigalità, fa diminuire il dolore e la fatica mentre predispone lo spirito perché l'anima cooperi con quelli."
Quale verità più grande!?!
D'altronde, da medico, ho sempre sostenuto che il vino è la medicina dell'anima.



sabato 21 marzo 2015

Bonnes Mares... la forza di un Grand Cru di Borgogna!


Questa settimana "The Three Rioters" si sono deliziati con un rosso dalla persistenza infinita!

Si tratta del Grand Cru Bonnes Mares 2006 Domaine Bart.

Il tappo è praticamente integro, quasi nuovo, nonostante i suoi 9 anni.

Lo versiamo nel bicchiere ed inizia subito a far scintille... sentori di frutti di bosco, legno nobile aromatico, fiori, spezie orientali e ghisa si intrecciano tra di loro su un sottofondo balsamico.
Emergono poi cenni di caffè, tabacco, cacao e china.


Al gusto è un qualcosa di portentoso!
Una grande pienezza e persistenza caratterizzano il sorso... una bevuta che non è pesante ma gustosa, una potenza equilibrata ma capace di spazzare via qualsiasi cosa.
Una lunghezza aromatica e gustativa infinita, incredibile... da gustare!


P.S.: Per la cronaca l'altro vino assaggiato era uno Chambolle-Musigny 2009 Domaine Marchand-Grillot... che, preso singolarmente non era affatto male (forse un po' caldo), ma quel giorno (come in un concerto rock) ha fatto da spalla al Grand Cru.

domenica 15 marzo 2015

Bottarga e Cinque Terre... abbinamento godurioso!


In settimana "The Three Rioters" hanno avuto occasione di sperimentare un abbinamento davvero godurioso e che ha visto protagonisti un piatto a base di bottarga, magistralmente preparato da Raffaela Verde (chef resident dell'Enopanetteria "I Sapori della Tradizione"), e un Cinque Terre 2006 di Walter De Batté.

Di questo raro nettare nel 2006 sono state prodotte solo 1450 bottiglie... si tratta di un vino bianco da vitigni autoctoni (Bosco 65%, Albarola 25% e Vermentino) e dai tratti squisitamente mediterranei... un vino che dipinge al naso come al gusto quello scorcio di Liguria in cui nasce.

Foto presa dal Web

 Circa le tecniche produttive sulla sua retroetichetta si legge:
"La vinificazione avviene con tecniche varie: dalla macerazione a freddo delle uve, alla fermentazione a contatto con le bucce, alla pigiatura soffice di grappoli surmaturi.
L'affinamento ha luogo sia in fusti di legno (40%) sia in contenitori di acciaio inox, il vino rimane sempre sur lie attraverso la tecnica del battonage".

Il Cinque Terre è quello posto alla sinistra di chi guarda!

Nel bicchiere si presenta con un colore caldo e che sfuma nell'ambrato... "color tramonto", come giustamente piace definirlo al mio amico Alberto; al naso dispiega sentori di oli essenziali, incenso, macchia mediterranea, miele e fiori gialli su leggera tostatura. Struttura, morbidezza, sapidità e persistenza intonano al palato; la beva risulta avvolgente e gustosa, resa inoltre agile da una viva acidità.

L'abbinamento con la bottarga si rivela un intreccio di aromi e sapori... una vera goduria! Una gioia dei sensi dall'armonica persistenza... che mi culla lasciandomi abbandonare ad uno stato di beatitudine. Così, disteso sul divano socchiudo gli occhi e ascolto Creuza de ma, inarrivabile capolavoro di Fabrizio De André, cantautore che amava tanto la Liguria quanto la Sardegna.     


P.S.: Per i curiosi che hanno notato due bicchieri in foto: Il secondo vino in abbinamento era un Gruner Veltliner 2002 Weingut Brundlmayer... strepitoso vino austriaco d'incomparabile gioventù!

martedì 10 marzo 2015

Sognando la Borgogna...

Foto presa dal Web

Era tarda sera, sentivo intorpidirmi le gambe ed i miei occhi serrarsi alle luci dei riflettori che illuminavano la piccola stazione di periferia. Aspettavamo ormai da un'ora il treno per ritornare all'albergo.   

Alberto: "Ué Alessà! Domani andiamo a Gevrey-Chambertin, lì ci sono un paio di produttori che vorrei visitare!" (Richiamandomi all'attenzione).

Io: "Ma ormai non c'è più tempo! Dobbiamo ritornare... il viaggio è finito!" (Dicevo con voce assonnata).

Alberto: "Ma come! Ci rimangono altri due giorni dei quattro che le nostre mogli ci hanno concesso per andare un po' in giro per la Borgogna!"

Io: "Ah già! Quasi dimenticavo!" (Si trattava di un evento! Visto che mia moglie lamenta la singola uscita che oramai, con due bimbe piccole, meno di una volta al mese dedico alle degustazioni serali).

Alberto: "A Gevrey-Chambertin ci aspetta anche Francesco!"

Io: "Bene!" (penso fra me e me, forse Francesco avrà scelto un itinerario diverso... fissato com'è per i vini della Loira, avrà fatto una puntatina lì da Joly o Cotat) poi continuo "Albé! Però, oltre ai produttori, avrei piacere anche di visitare qualche cimitero... per immergermi ancor di più nell'anima gotica della Borgogna!"

Alberto: "Ok! Ma a patto di andare a vedere anche la gran croce de la Romanée-Conti!"

Io: "Nessun problema!" (male che vada, penso, ci facciamo qualche scatto... dubito fortemente che ci facciano entrare).


Resto, quindi, immobile e mezzo inebetito, con il capo poggiato al muro a fissare a mo' di mosaico bizantino le rotaie e la pavimentazione della stazione ormai deserta.

Non so quanto tempo sia rimasto in quello stato... sforzandomi di ricordare i vari assaggi fatti, i vigneti visti e i produttori conosciuti nei due giorni precedenti.

Ricordo solo di aver chiuso gli occhi per un istante e trovarmi d'improvviso sotto le coperte, al caldo del mio letto... e sentire...

Antonella: "Alessandro... sono le otto e trenta... guarda che farai tardi al lavoro!"

Io: "Ma come!?! Oggi dovevo andare a Gevrey-Chambertin!"

Peccato! - pensai - E' stato solo un sogno!
Poi faccio mente locale e ricordo... il 14 di questo mese andrò con Alberto e Francesco a "PrimaVera in Borgogna"!!! E vai!!!!!!

Perché ci sarà davvero "PrimaVera in Borgogna"!!!!!! Giusto??????

sabato 7 marzo 2015

Dall'uva Cortese... grandi spumanti metodo Classico!


Che dal Cortese si possano ottenere vini dal grande potenziale d'invecchiamento, ne ebbi prova quando, circa un paio di anni fa, assaggiai il Gavi dei Gavi 2002 (un vino di eccezionale tempra e di cui ho già parlato in un precedente post).

 
Di recente, sempre grazie all'azienda La Scolca (dedita alla spumantizzazione già dagli anni '70), ho scoperto che da quest'uva si possono ottenere anche spumanti metodo Classico di tutto rispetto e che nulla hanno da invidiare (anzi le suonano a molti!) a quelli di denominazione più note e decantate.


Infatti, ho avuto modo in settimana di assaggiare due spumanti di quest'azienda: il Brut, che sosta sui lieviti oltre 24 mesi, e il Millesimato 2006, che ne sosta invece oltre 60 (più di 5 anni!). 

 
Il Brut mi ha convinto tantissimo! Colore giallo paglierino brillante con riflessi dorati e naso spettacolare! Note marine, salmastre, sentori di fiori gialli, lievi note tostate e di crosta di pane. Beva piacevole e gustosa.

 
Nel Millesimato l'età e la lunghissima sosta sui lieviti ne hanno condizionato il carattere, traducendosi in un colore più caldo (dorato) e in un naso evoluto verso note di miele, spezie dolci e con una mandorla più tostata; al gusto più struttura, morbidezza e persistenza del Brut (che però preferisco).

I lunghi affinamenti sui lieviti non sono una novità in quest'azienda, anzi! Sembrano essere una caratteristica generale dei vini prodotti, che così necessitano di un minor apporto di anidride solforosa... si vocifera che il "D'Antan" sia lasciato affinare "sur lie" per ben 10 anni!


I vigneti di La Scolca sono nel territorio di Gavi, in quella parte del Piemonte che guarda verso la Liguria; si tratta di circa 50 ettari coltivati in collina su terreni argillosi, nel rispetto del territorio e in modo da ottenere rese inferiori a quelle concesse dal disciplinare di produzione.

In cantina si utilizzano lieviti indigeni e la produzione annua si attesta intorno alle 500'000 bottiglie... un numero piuttosto elevato ma che, a quanto pare, non inficia il carattere artigianale dei loro vini, ricchi di personalità.


L'azienda è oggi condotta da Chiara Soldati e suo padre Giorgio, il cui bisnonno l'acquistò tra 1917 e il 1919. Un cognome, quello dei proprietari della tenuta, che nella mente di ogni enoappassionato rimanda inevitabilmente a Mario Saldati (faro della letteratura enoica italiana). Mi sono quindi chiesto se tra loro ci fosse un rapporto di parentela... e la risposta l'ho poi trovata sfogliando le pagine di "Vino al Vino" nel punto in cui Mario racconta che, nel corso del suo viaggio dell'Autunno 1975, si reca alla Scolca per far visita a suo cugino Vittorio Soldati, già noto "bianchista" e padre di Giorgio (l'attuale proprietario).

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