domenica 26 ottobre 2014

Appunti sui vini liquorosi: Introduzione

Foto di Jun Sullivan (Fonte: WIkipedia) 

I vini liquorosi si ottengono da un vino-base (con titolo alcolometrico complessivo naturale non inferiore al 12%) con l’aggiunta di alcol etilico o acquavite di vino al fine di aumentarne la gradazione alcolica.

Lo scopo della fortificazione (aumento della gradazione alcolica) era quello di conservare i vini durante i lunghi viaggi in nave dal luogo di produzione alla destinazione finale; infatti l'aggiunta di alcol nel vino consente di bloccare la fermentazione e favorisce la stabilizzazione del liquido, consentendo lunghissimi tempi di conservazione (anche di decine di anni).
Oltre a ciò, l'agente fortificante determina modifiche del profilo sensoriale più o meno rilevanti.

Il titolo alcolometrico complessivo dei vini liquorosi è sempre alto, ma non deve essere più del doppio del vino-base, mentre quello svolto deve essere compreso tra  15 e 22%.

La dolcezza dei vini liquorosi può dipendere dal momento scelto per l'aggiunta di alcol:
- se l’alcol è aggiunto durante la fermentazione, vi è l'inibizione dell'attività dei lieviti con conseguente fine prematura della fermentazione e presenza nel vino degli zuccheri non fermentati;
 - se l’alcol viene aggiunto a fine fermentazione, il vino risulterà secco (essendo gli zuccheri già trasformati in alcol); in questo caso, la sua dolcezza dipenderà solo da una eventuale aggiunta successiva di mosto.

Immagine presa dal Web

Alcuni vini liquorosi (come Porto, Sherry, Malaga e Marsala) sono sovente invecchiati con il "metodo soleras", che consiste nel disporre botti con vino di differenti età su più file sovrapposte, dette “criadere”. Dalle botti che si trovano sul pavimento ("solera"), che contengono il vino più vecchio, si spilla il vino da imbottigliare, senza però svuotarle del tutto; dalle botti delle file superiori (che contengono vino di età più giovane) si preleva, invece, una quantità di vino che andrà a rabboccare le botti delle file sottostanti. In questo modo nelle botti alla base rimarrà sempre del vino proveniente dalle annate più vecchie.


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giovedì 23 ottobre 2014

Pietracupa

La descrizione di questa piccola e brillante cantina irpina è riportata sulla retroetichetta delle loro bottiglie, che così recita:
"Nel comune di Montefredane circondata da boschi e da un corso di acqua sorgiva che, per cascate suggestive, si riversa nella valle del Sabato, si trova l'azienda vitivinicola che prende il nome dalla pendice soleggiata Pietracupa.
L'azienda, a carattere familiare, nasce per la comune passione per la terra e i suoi frutti. Pur vinificando da anni, soltanto dal 1993 la famiglia Loffredo ha iniziato un limitato imbottigliamento e la vendita del Fiano di Avellino, del Greco di Tufo, della Falanghina, del Taurasi e del Quirico (Aglianico)."

Un quadro dell'azienda sul blog "Il viandante bevitore" di Mauro Erro; di seguito alcune mie note di assaggio:


Greco di Tufo DOCG 2012
Greco. Acciaio.
Dal luminoso colore giallo paglierino con riflessi oro-verdolini, presenta discreta intensità olfattiva, sentori agrumati e minerali, dolci note di fiori bianchi. 
All'assaggio è di beva facile e piacevole, di buona acidità e gustosa sapidità... mi ricorda vini di Sancerre!
Settembre 2014. 13 euro. 92/100

Greco di Tufo DOCG 2011
Greco. Acciaio.
Dal colore giallo paglierino scarico, si presenta al naso con sbuffi minerali. sfumature di fiori gialli e agrumi.
Intenso all'assaggio, presenta grande acidità e sapidità; un po' scorbutico ed improntato sulle durezze, lascia ben sperare per il futuro.
Luglio 2013. 13 euro. 84/100


Campania IGT "Quirico" 2011
Aglianico.
Dal coloro rosso rubino, presenta al naso sentori di frutta rossa e sottobosco, note floreali e cenni di pepe nero. All'assaggio è di buona struttura e scorrevolezza, dal tannino presente ma non invadente e con una componente alcolica che si fa percepire su un finale comunque piacevole e di buona corrispondenza naso-bocca.
Ottobre 2014. 13 euro. 83/100


Taurasi DOCG 2008
Aglianico. Botti di rovere.
Dal colore rosso rubino piuttosto carico e con riflessi granati, presenta un naso più complesso che intenso, fitto ed elegante, con sentori di ciliegia e frutti di bosco, terra umida e sottobosco, viola appassita ed erbe essiccate; all'assaggio mostra una componente alcolica davvero ben integrata in una struttura imponente ma resa agile da una buona acidità; una beva piacevole e gustosa, scandita da tannini fitti ma vellutati e con un lungo finale dai bei ritorni fruttati.
Un vino di gran classe! Che a distanza di 24 ore dalla stappatura (e conservato in un decanter) continuava a meravigliare!
Febbraio 2014. €€€. 97/100

Taurasi DOCG 2004
Aglianico. 15 mesi in botti di rovere di Slavonia da 10 e 20 ettolitri.
Grazie ai suoi iniziali sentori quasi vinosi e di frutta fresca, questa bottiglia di anni ne dimostrava molti di meno!
Dopo alcune rotazioni nel bicchiere, il naso vira su note di erbe aromatiche, legno di sandalo ed oli essenziali. Di beva facile e gustosa, mostra tannini presenti ma molto vellutati e ritorni di frutta fresca e fiori. Alla cieca il mio pensiero si spingeva verso zone dell'Alto Piemonte e di Borgogna... Non avrei mai detto si trattasse di Taurasi!
Elegante e di beva buone come poche!
Febbraio 2014. €€€. 95/100

lunedì 20 ottobre 2014

Tutelare i viticoltori per tutelare l'Alberata Aversana


Si è svolto sabato 18 ottobre presso "La Casa delle Arti" di Succivo un interessante convegno realizzato dalla Condotta Slow Food Agro Aversano-Atellano e intitolato "Il Paesaggio: Alberate Aversane, Arte, Cultura e Sapori".


Un gran bel lavoro di studio e ricerca, presentato magistralmente dal Prof. Alfredo Oliva, e da cui emerge la progressiva contrazione subita negli ultimi decenni dal vigneto dell'Agro Aversano, che negli anni '60 si estendeva su ben 16'000 ettari e che oggi arriva a ricoprirne poco meno di 200.

Un dato allarmante! Congiunto, tra l'altro, alla testimonianza di un verace viticoltore locale che ha posto l'accento sui costi di lavoro che l'Alberata Aversana impone, senz'altro una delle più importanti cause del suo progressivo abbandono.


Oltre alle lodevoli iniziative proposte dalle associazioni, Slow Food e Pro Loco locali in primis, volte a promuovere e valorizzare questo nostro "paesaggio", occorrerebbe un intervento delle Istituzioni per tutelare chi dell'Alberata Aversana ne ha cura... ossia quei viticoltori che, noti ai più per le vertiginose vendemmie sugli "scalilli", sono custodi di tradizioni ormai a rischio di scomparire, anche per mancanza di un ricambio generazionale. 

domenica 12 ottobre 2014

Non è il vino dell'enologo

Lessico di un vignaiolo che dissente


E' follia lasciare un sicuro posto di lavoro in una grande banca per prendersi cura di un piccolo vigneto?
Chiedetelo a Corrado Dottori, autore di una rivoluzione di vita oltre che di questo libro, scorrendo le cui pagine si intuisce come la sua scelta non è semplicemente dettata dalla voglia di realizzare un proprio sogno ma appare, piuttosto, indotta da una presa di coscienza... dal voler rendere vivida una sua visione, dai tratti avveniristici e dal gusto arcaico, dell' "uomo nella natura".

Emozioni raccontate senza veli, a tratti struggenti come a voler sottolineare con forza ogni paragrafo, e tanti spunti di riflessione in un libro di poco più di cento pagine e letto tutto d'un fiato che, come scrive nella prefazione Giampaolo Gravina, "lascia però una lunga e vibrante persistenza: una scodata di reattività che farà discutere, come per i libri (e per i vini) che amiamo di più."



sabato 11 ottobre 2014

Appunti su vini passiti, muffati e di ghiaccio

Foto di Franco di filippi (Fonte: Wikipedia)

I vini passiti sono ottenuti a partire da uve sottoposte ad appassimento, che può essere pre-raccolta o post-raccolta.

Nell'appassimento pre-raccolta la vendemmia è ritardata di alcune settimane per determinare una sovramaturazione delle uve, con conseguente evaporazione dell’acqua e concentrazione degli zuccheri (con prevalenza di fruttosio, il più dolce).
I vitigni, che si prestano all’appassimento pre-raccolta, sono quelli con una buccia più resistente come il Riesling, il Gewurztraminer, i Moscati e le Malvasie.
Vi è il caso particolare del Picolit (coltivato in Friuli), i cui grappoli vanno incontro ad acinellatura (aborto floreale), a ciò consegue la presenza sul grappolo di pochi acini che quindi si arricchiscono di sostanze estrattive.

Nell'appassimento post-raccolta, le uve, vendemmiate anticipatamente (per ottenere una buona acidità), vengono fatte essiccare al sole su graticci o stuoie, oppure in locali appositi, a volte con un appassimento forzato (in cui si applica un sistema di ventilazione artificiale con aria riscaldata intorno ai 30°C, piuttosto secca, con un umidità del 55-60%, per evitare marciumi indesiderati) per ridurre i tempi di appassimento.
L’appassimento può avvenire anche su paglia, sfruttandone le caratteristiche adsorbenti ("vin de paille").

Seguono, quindi, le operazioni di pigiatura e fermentazione che avvengono in genere tra dicembre e febbraio, ma in alcuni casi si attende anche la settimana santa, per ottenere il Vin Santo in Toscana e il Vino Santo da uve Nosiola in Trentino.

Sotto l’aspetto normativo i vini passiti non sono, dunque, considerati “vini speciali”, in quanto dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi al consumo non vengono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o all’aggiunta di altri componenti.
Tuttavia, per alcuni vini passiti esiste la possibilità di addizionare alcol: in questo caso si parla di Vino Passito Liquoroso.

Foto di Tom Maack (Fonte: Wikipedia)

I vini muffati possono ottenersi quando in particolari condizioni ambientali il ritardo della  vendemmia favorisce il formarsi della muffa nobile (Botrytis cinerea) sugli acini. 

Normalmente la Botrytis dà origine ad una malattia nota come Muffa grigia; il grappolo si ricopre di una muffa di colore grigiastro e marcisce. Oltre ad avere una perdita di grappoli, i vini ottenuti dalle uve colpite da Muffa grigia subiscono gravi alterazioni qualitative. 

In alcune zone, come nel distretto vitivinicolo di Graves (Francia) dove si producono i Sauternes,  vi sono peculiari condizioni climatiche (la mattina i vigneti sono immersi nell’umidità della nebbia, ma nel pomeriggio il sole asciuga i grappoli e favorisce la maturazione) che ostacolano il normale sviluppo della Botrytis cinerea, impedendo l’insediarsi della Muffa grigia. La Botryte sviluppa  quindi una particolare forma di muffa che prende il nome di muffa nobile; questa muffa lavorando all’interno dell’acino (che assume un colore bruno), non solo determina una perdita di acqua e quindi una concentrazione del grado zuccherino, ma produce anche glicerina e sostanze aromatiche. Da queste uve, dette “botritizzate”, si ottengono vini d’elevato titolo alcolico, dotati di un corredo aromatico sontuoso ed elegante.
La formazione delle uve botrizzate avviene in tempi più o meno lunghi e non sempre in modo uniforme; è quindi necessario effettuare la vendemmia in più passaggi, raccogliendo ogni volta solo le uve che hanno raggiunto un sufficiente sviluppo della muffa.

Altri famosi vini muffati sono in Germania e in Austria i Trockenbeerenauslese; mentre in Ungheria troviamo il Tokaji Aszù (Aszù significa muffa), che si classifica in base al numero di gerle di uve botrizzate (“puttonyos”) aggiunte al vino base, da 3 a 6. Il raro Tokaji Aszù Eszencia è ottenuto, invece, da sole uve botrizzate.

Foto di Dominic Rivard (Fonte: Wikipedia)

I vini di ghiaccio (“Icewine” in Canada e “Eiswein” in Germania) sono così chiamati perché i grappoli, raccolti in gennaio, si presentano avvolti da un velo di ghiaccio e l’acqua all’interno degli acini si è congelata.

Nei vini di ghiaccio, ottenuti da vitigni Riesling (in Austria e Germania) e Vidal (in Canada), la pigiatura è realizzata all’esterno, a temperature bassissime, inferiori ai -7°C, per non far sciogliere i cristalli di ghiaccio formatisi negli acini ed ottenere così un mosto molto povero di acqua, ma denso di zuccheri, acidi, sali ed altre sostanze estrattive.


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giovedì 9 ottobre 2014

Grimbergen


Fondata in Belgio nel 1128 da Nobert de Xanten, l'abbazia di Grimbergen ha prodotto birra fin dal Medioevo a opera dei frati premostratensi, che ne hanno tramandato la ricetta nel corso dei secoli.
Distrutta da un incendio nel 1142 a cui ne seguirono altri nel 1566 e nel 1798; ogni volta l'abbazia fu puntualmente ricostruita. Non a caso i monaci di Grimbergen assunsero ad emblema dell'abbazia la fenice, uccello mitologico rinato dalle proprie ceneri e rappresentata oggi in forma stilizzata sull'etichetta delle birre, ed il loro motto fu "ardet nec consumitur" (ossia, brucia ma non si consuma).

Altre info sul sito web del birrificio; di seguito alcune mie note di assaggio:


Blonde
Ale. Birra d'Abbazia. 6,7%
Dal vivace colore dorato e che sfuma nell'ambrato, presenta una schiuma bianca e fine, aderente e compatta. Il naso è delicato, con lievi sentori di malto, note di luppolo e caramello, cenni di spezie, di mela e banana, sfumature di agrumi e fiori bianchi. Dal gusto maltato all'assaggio, mostra buon corpo, frizzantezza e persistenza.
Ottobre 2014. 88/100


Double-Ambrée
Ale. Birra d'Abbazia. 6,5%
Dal bel colore ambrato piuttosto carico e con riflessi ramati, presenta una schiuma fine e compatta, aderente e persistente. Al naso è di discreta intensità, sentori di caramello, toffee, moka, malto d'orzo. All'assaggio è di medio corpo, piena, di buona frizzantezza e dal gusto maltato, con un finale lungo e dalla buona corrispondenza naso-bocca.
Settembre 2014. 87/100

domenica 5 ottobre 2014

Abbinamento cibo-vino: I dolci

Foto presa dal Web

Stiamo pensando di abbinare il vino a un dolce? Benissimo! Innanzitutto c'è da sapere che vi sono tante caratteristiche da valutare per poter scegliere il vino giusto in abbinamento. Lungi, quindi, dall'essere esaustivo... Ecco alcuni consigli che potrebbero orientare nella scelta giusta:

Primo consiglio: Il dolce va con il dolce. Si tratta di un classico abbinamento per concordanza. Può sembrare scontato ma non sono poche le volte che ho visto abbinare una torta panna e fragola con uno spumante brut... è vero che "de gustibus non dispudandum est", ma un dolce e uno spumante brut in bocca fanno veramente a cazzotti! Se la dolcezza è appena accennata, può essere sufficiente un vino amabile.

Secondo consiglio: Occhio alla struttura. Se dobbiamo fare un viaggio e siamo in quattro persone con bagagli al seguito, (potendo) quale auto sceglieremo per viaggiare più comodi? Una spider o un suv? Se al numero di passeggeri, dunque, andiamo a sostituire un ordine crescente di struttura del nostro dolce possiamo immaginare in proporzione anziché un'auto più voluminosa un vino più strutturato. Così, nel caso di un pandoro penseremo in abbinamento un vino dolce dal corpo leggero come uno spumante dolce metodo Charmat; mentre sceglieremo un vino passito su una pastiera napoletana.

Terzo consiglio: Non dimentichiamoci della persistenza. Alcune componenti del nostro dolce possono determinare al gusto sensazioni intense e persistenti come ad esempio la frutta secca e il cioccolato; in questi casi dobbiamo ricorrere a un vino dolce di grande persistenza gusto-olfattiva: infatti, se proviamo ad abbinare a dei cantucci uno spumante dolce metodo Charmat, quest'ultimo verrà superato dalla persistenza data dalle mandorle, se invece opteremo per un Vin Santo sarà tutta un'altra musica! Con i dessert più ricchi rammentiamoci poi dell'esistenza dei vini liquorosi.

Quarto consiglio: Anche l'occhio vuole la sua parte. Bianco o rosso? Oltre che dal punto di vista visivo, spesso tra un dolce e un vino dalle simili tonalità vi è anche una certa concordanza a livello olfattivo; così, ad esempio, se ci troviamo di fronte a una crostata con marmellata ai frutti di bosco possiamo più facilmente scegliere un Brachetto d'Acqui o una Vernaccia di Serrapetrona anziché un Asti Spumante.

Quinto consiglio: Diamo preferenza al territorio e alla tradizione. Nel dubbio tra due vini meglio optare per quello proveniente dalla stessa zona/regione del dolce in abbinamento e che con esso, magari, ne condivide radici storiche e culturali. Con la cassata siciliana, ad esempio, la scelta cade spontanea su un Passito di Pantelleria.

Sesto consiglio: Non perdiamo tempo con i gelati. A causa della loro bassissima temperatura, che anestetizza le papille gustative, i gelati rappresentano purtroppo uno degli abbinamenti impossibili con il vino.


Puoi trovare altri appunti del corso per Sommelier alla pagina "Appunti enoici" di questo blog.

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