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Bernardino
Ramazzini, medico italiano, scrive nel 1700 il "De morbis artificum diatriba",
opera che, oltre a dare uno spaccato della vita e delle conoscenze mediche di
quei tempi, pone le basi dell'odierna Medicina del Lavoro, introducendo
concetti innovativi come l'analisi dei rischi e delle condizioni lavorative e
la relazione con le malattie da essi derivanti.
Per
i suoi studi e il suo lavoro il Ramazzini si reca anche nella campagna modenese
dove, "in quel tratto posto fra Secchia e Panaro, sono compresi vino e
acquavite; una forte quantità di acquavite si produce al di qua e al di là del
Po, e ogni anno si mandano migliaia di grandi botti a Venezia, o Milano e in
altre città. In autunno va in scena uno spettacolo che merita d'esser visto:
grandi cantine, enormi tini, lunghe file di botti, distillerie."
Il
Ramazzini si sofferma allora su "le malattie dei vinificatori, dei birrai
e dei distillatori di acquavite".
Durante
le operazioni di vinificazione e distillazione, scrive il Ramazzini, "quasi tutti si ubriacano" a causa
della produzione di elevate concentrazioni di "vapori" e "anche
le galline, gli altri volatili da cortile, i maiali e tutti gli animali che
vivono in quei posti e si cibano delle vinacce calde versate dagli orci,
diventano visibilmente ubriachi. I lavoratori, che svolgono quest'attività per
molti mesi o per tutto l'inverno, sono costretti a stazionare in quegli
ambienti, diventano letargici, deboli, macilenti, melanconici, hanno vertigini
e poco appetito."
...
"E'
verosimile che questi lavoratori siano colpiti dapprima, a livello della massa
sanguigna, dalle particelle volatili del vino di cui è satura l'aria che
respirano e che ciò provochi un processo fermentativo che passa poi agli
spiriti animali. Tutti sanno quanto il vino sia affine al sangue e giustamente,
come ci ricorda Plinio, Androcide, famoso per la sua sapienza, per trattenere
Alessandro Magno dall'intemperanza gli ricordava, quando stava per bere il
vino, "che egli beveva il sangue della terra". Di tale affinità
risentono gli spiriti animali che si moltiplicano con tale abbondanza, per la
presenza dello spirito del vino, da non poter più essere contenuti nel
cervello; da ciò deriva il perturbamento generale di tutto l'organismo, come
nella società delle api in cui nascono risse quando una generazione troppo
numerosa accresce lo sciame. Sopravvengono così vertigini, intontimento, dolori
alla testa, come se i vasi fossero tesi da un forte aumento della massa
sanguigna e, alla fine, dal perturbamento di tutto l'organismo derivano
magrezza, indebolimento delle forze ed altri disturbi, che generalmente sono
meno gravi nelle persone assuefatte a questo lavoro, ma più gravi in quelli che
lo fanno per la prima volta. Abraham Zacuth dice che un uomo di corte,
ritiratosi in campagna ed entrato una volta per caso nella cantina, fu colpito
dall'odore del vino, cadde a terra folgorato e spirò dopo poche ore."
...
"Quando
ho a che fare con questi lavoratori, sia che siano ammalati, sia che vada io
stesso sul loro posto di lavoro, cerco di persuaderli ad astenersi dal vino e
ancor di più dall'acquavite e a diventare astemi, almeno per il tempo in cui
svolgono quella attività; consiglio che, per quanto è possibile, allontanino il
viso dai vapori che esalano dal vino, che si lavino di tanto in tanto la faccia
con acqua fredda, che qualche volta escano fuori dalla cantina per respirare
aria più pura. Quando quei lavoratori sono costretti a letto e perciò debbono abbandonare
il loro lavoro, si devono prescrivere gli abituali rimedi efficaci contro
l'ubriachezza e i disturbi che l'accompagnano."
...
"Plinio
indica molti rimedi per prevenire l'ubriachezza, tutti molto conosciuti, come
le mandorle amare, il cavolo e quasi tutte le cose dolci; a questi i moderni ne
hanno aggiunti molti altri e Platter, nella sua Praxi medica, ce li emunera tutti fino alla noia. Quest'autore,
commiserando la condizione dei suoi connazionali che avevano preso l'abitudine
ritenuta civile di gareggiare nei conviti a chi beveva di più, nel suo trattato
enumera una lunghissima serie di rimedi capaci di ritardare ed evitare
l'ubriachezza, come l'assenzio, la ruta, il latte, polmone arrostito di
animali, acqua e aceto, frutta acerba e, ancora, medicinali composti, come
calmanti e varie altre misure che, se assunte prima, possono effettivamente
preservare dall'ubriachezza.
Ai
lavoratori che, per la loro misera condizione, non possono far uso di rimedi
così ricercati, si dovranno somministrare quelli più semplici e che si trovano
con facilità, come il cavolo, già da tanti secoli celebrato per la sua capacità
di prevenire l'ubriachezza, il rafano e l'acqua mescolata con l'aceto che
Platter chiama l'antidoto per eccellenza dell'ubriachezza."
che bello articolo,molti prenderanno appunti complimenti
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