domenica 11 ottobre 2015

Il Gragnano riassunto in 7 punti

Foto presa dal web
(Fonte: www.centroculturalegragnano.it)


"A Lèttere, per il Gragnano. Arriviamo verso il tramonto. Paesaggio alpestre, rupestre, pastorizio, e insieme foltissimo di vegetazione. Valloncelli, dossi, poggi preromantici. E, tra le vigne, i lecci, i noci, i castagni a picco sulla piana di Pompei, in vista di Castellammare e del Golfo, delle isole lontane e del Vesuvio, casette o villette, di un tardo barocco o di un neoclassicismo rustico, coi loro portichetti o con i loro pronai a colonne di pietra, quasi quinte di una scenografia naturale, ma a misura umanissima, cui certo si ispirarono gli artisti dei presepi napoletani, e poi i pittori come Gigante e Palizzi." Così si mostravano i Monti Lattari agli occhi di Mario Soldati, quando nell'autunno del 1968 s'incamminò "alla ricerca del Gragnano perduto".

 

1. Sui Monti Lattari, dove le escursioni termiche sono piuttosto forti, la coltivazione della vite ha origini antichissime. Furono probabilmente i greci ad impiantare le prime viti e, successivamente, i romani furono estimatori del vino qui prodotto. Nel medioevo, data l'importanza che la viticoltura rivestiva in zona, quando la cattedrale di Lettere divenne diocesi, questa fu intitolata Santa Maria delle Vigne; inoltre, un detto del XVI secolo, coniato dal monsignor Molinari, declamava le proprietà taumaturgiche del Gragnano: "Si vis vivere sanum, bibe Gragnanum". Con l'avvento di Napoleone e la nomina di Gioacchino Murat a re di Napoli, tecnici di viticoltura ed enologia furono chiamati direttamente dalla Francia, ed il Gragnano conobbe un periodo di fama in tutta la provincia. Nel 1845 il Gigante affermava: "Il vino di Gragnano, per antonomasia dette il nome a tutti i vini del napoletano, sicché bastava dir Gragnano per intendere un vino fragrante, limpido, abboccato, vocabolo che significa dolce e di vitigno, non artificiale ... non vi era cantina a Napoli dove non trovasi il Gragnano."

 

2. Su queste terre rese fertili dalle eruzioni vulcaniche, Piedirosso (localmente detto Per' 'e Palummo), Sciascinoso (localmente detto Olivella), Aglianico e altre uve del posto (come Tintore, Castagnara, Surbenga e Suppezza) sono coltivati a spalliera o con il vecchio sistema della pergola a tralcio lungo (scelto per la forte resistenza all'impeto dei venti) per dare vita a questo rosso brioso... al Gragnano, "il vino dei veri napoletani".

 

3. "Il Gragnano appartiene a quelli che i francesi chiamano petits vins, piccoli vini, non ai vini classici, da arrosto e da invecchiamento"... "Un vino senza pretese, un piccolo vino: ma, bevuto sul luogo, e, a pasto, veramente insuperabile" (M. Soldati). La sua produzione richiede molta fatica ai viticoltori... i terrazzamenti su cui nascono le vigne ostacolano l'uso delle macchine e fanno dell'artigianalità una scelta obbligata.

 

4. "Il migliore era quello di Lettere, un piccolo comune, quattro case sparse sopra Gragnano" ... di cui "sapevo che il nome derivava da latte, trovandosi il paesello sulle pendici dei Monti Lattari, ricchissimi un tempo di pecore e capre" scriveva il Soldati. Attualmente il disciplinare di produzione della DOC Penisola Sorrentina distingue per il vino rosso frizzante le sottozone Gragnano e Lettere. Pertanto, la scritta "Gragnano" compare in etichetta solo sulle bottiglie di quei vini prodotti nell'omonima sottozona, che si estende sui territori dei comuni di Gragnano, Pimonte e sulla parte collinare di Castellammare di Stabia; tale sottozona è protetta alle spalle dalle dorsali del Monte Faito (la più alta montagna della provincia di Napoli) e beneficia della brezza marina proveniente dal Golfo.

 

5. Si tratta di un vino rosso frizzante naturale... si distingue dunque dagli spumanti per la minore pressione atmosferica e da quelli artificiali per il fatto che l'anidride carbonica non è addizionata per insufflazione; nel Gragnano, infatti, l'effervescenza si sviluppa naturalmente per effetto delle fermentazioni. La prima fermentazione dura qualche giorno e vede il mosto a contatto con le bucce; la seconda fermentazione avviene in autoclave (qualche produttore sceglie di farla avvenire direttamente in bottiglia) con l'aggiunta di un piede di mosto preparato ed arricchito con lieviti. Alcuni produttori per aumentarne l'effervescenza seguono una vecchia usanza ed aggiungono al vino un goccio di lambiccato ottenuto da uve Catalanesca.

 

6. Nel bicchiere si presenta, in genere, con un colore rosso rubino cupo, quasi impenetrabile e con riflessi violacei, con una schiuma "che calava subito e subito spariva per sempre", al naso con fragranti sentori di ciliegia, frutti di bosco e viola; al gusto appare "denso ma allo stesso tempo scivoloso: come un lambrusco di più corpo, come una barbera di meno corpo ... con un retrogusto gradevolissimo di affumicato" (M. Soldati).

 

7. Un vino da gustare a tavola con la pizza, come suggeriva Veronelli, e "freddo di cantina". Oltre che con la pizza, trova felice abbinamento con il panuozzo, con salsicce e friarielli e con il sartù di riso.

 

Per concludere... Ecco alcuni tra i migliori produttori in base agli assaggi fatti da me finora: Grotte del Sole, Iovine.



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Mi raccomando: "Assicurati che sia Gragnano! Tu lo assaggi... se è frizzante lo pigli, sennò desisti!"




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