Foto presa dal web (Fonte: www.centroculturalegragnano.it) |
"A
Lèttere, per il Gragnano. Arriviamo verso il tramonto. Paesaggio alpestre,
rupestre, pastorizio, e insieme foltissimo di vegetazione. Valloncelli, dossi,
poggi preromantici. E, tra le vigne, i lecci, i noci, i castagni a picco sulla
piana di Pompei, in vista di Castellammare e del Golfo, delle isole lontane e
del Vesuvio, casette o villette, di un tardo barocco o di un neoclassicismo
rustico, coi loro portichetti o con i loro pronai a colonne di pietra, quasi
quinte di una scenografia naturale, ma a misura umanissima, cui certo si
ispirarono gli artisti dei presepi napoletani, e poi i pittori come Gigante e
Palizzi." Così si mostravano i Monti Lattari agli occhi di Mario Soldati,
quando nell'autunno del 1968 s'incamminò "alla ricerca del Gragnano
perduto".
1. Sui Monti Lattari, dove le escursioni
termiche sono piuttosto forti, la coltivazione della vite ha origini
antichissime. Furono probabilmente i greci ad impiantare le prime viti e,
successivamente, i romani furono estimatori del vino qui prodotto. Nel medioevo,
data l'importanza che la viticoltura rivestiva in zona, quando la cattedrale di
Lettere divenne diocesi, questa fu intitolata Santa Maria delle Vigne; inoltre,
un detto del XVI secolo, coniato dal monsignor Molinari, declamava le proprietà
taumaturgiche del Gragnano: "Si vis vivere sanum, bibe Gragnanum". Con
l'avvento di Napoleone e la nomina di Gioacchino Murat a re di Napoli, tecnici
di viticoltura ed enologia furono chiamati direttamente dalla Francia, ed il
Gragnano conobbe un periodo di fama in tutta la provincia. Nel 1845 il Gigante
affermava: "Il vino di Gragnano, per antonomasia dette il nome a tutti i
vini del napoletano, sicché bastava dir Gragnano per intendere un vino
fragrante, limpido, abboccato, vocabolo che significa dolce e di vitigno, non
artificiale ... non vi era cantina a Napoli dove non trovasi il Gragnano."
2. Su queste terre
rese fertili dalle eruzioni vulcaniche, Piedirosso (localmente detto Per' 'e Palummo), Sciascinoso (localmente
detto Olivella), Aglianico e altre uve del
posto (come Tintore, Castagnara, Surbenga e Suppezza) sono
coltivati a spalliera o con il vecchio sistema della pergola a tralcio lungo
(scelto per la forte resistenza all'impeto dei venti) per dare vita a questo
rosso brioso... al Gragnano, "il vino dei veri napoletani".
3. "Il Gragnano appartiene a quelli che i
francesi chiamano petits vins,
piccoli vini, non ai vini classici, da arrosto e da invecchiamento"...
"Un vino senza pretese, un piccolo vino: ma, bevuto sul luogo, e, a pasto,
veramente insuperabile" (M. Soldati). La sua produzione richiede molta
fatica ai viticoltori... i terrazzamenti su cui nascono le vigne ostacolano
l'uso delle macchine e fanno dell'artigianalità una scelta obbligata.
4. "Il
migliore era quello di Lettere, un
piccolo comune, quattro case sparse sopra Gragnano" ... di cui
"sapevo che il nome derivava da latte, trovandosi il paesello sulle
pendici dei Monti Lattari, ricchissimi un tempo di pecore e capre"
scriveva il Soldati. Attualmente il disciplinare di produzione della DOC Penisola Sorrentina distingue per il vino
rosso frizzante le sottozone Gragnano e Lettere. Pertanto, la scritta
"Gragnano" compare in etichetta solo sulle bottiglie di quei vini prodotti
nell'omonima sottozona, che si estende sui territori dei comuni di Gragnano,
Pimonte e sulla parte collinare di Castellammare di Stabia; tale sottozona è protetta
alle spalle dalle dorsali del Monte Faito (la più alta montagna della provincia
di Napoli) e beneficia della brezza marina proveniente dal Golfo.
5. Si tratta di un
vino rosso frizzante naturale... si
distingue dunque dagli spumanti per la minore pressione atmosferica e da quelli
artificiali per il fatto che l'anidride carbonica non è addizionata per
insufflazione; nel Gragnano, infatti, l'effervescenza si sviluppa naturalmente
per effetto delle fermentazioni. La prima fermentazione dura qualche giorno e
vede il mosto a contatto con le bucce; la seconda fermentazione avviene in
autoclave (qualche produttore sceglie di farla avvenire direttamente in
bottiglia) con l'aggiunta di un piede di mosto preparato ed arricchito con
lieviti. Alcuni produttori per aumentarne l'effervescenza seguono una vecchia
usanza ed aggiungono al vino un goccio di lambiccato ottenuto da uve Catalanesca.
6. Nel bicchiere
si presenta, in genere, con un colore rosso rubino cupo, quasi impenetrabile e
con riflessi violacei, con una schiuma "che calava subito e subito spariva
per sempre", al naso con fragranti sentori di ciliegia, frutti di bosco e
viola; al gusto appare "denso ma allo stesso tempo scivoloso: come un
lambrusco di più corpo, come una
barbera di meno corpo ... con un
retrogusto gradevolissimo di affumicato" (M. Soldati).
7. Un vino da
gustare a tavola con la pizza, come suggeriva Veronelli, e "freddo di
cantina". Oltre che con la pizza, trova felice abbinamento con il panuozzo,
con salsicce e friarielli e con il sartù di riso.
Per
concludere... Ecco alcuni tra i migliori produttori in base agli assaggi fatti
da me finora: Grotte del Sole, Iovine.
Se
hai trovato questo post interessante... dà un'occhiata al mio ebook "Nozioni
su vini, vitigni e zone vitivinicole d'Italia".
Mi
raccomando: "Assicurati che sia Gragnano! Tu lo assaggi... se è frizzante
lo pigli, sennò desisti!"
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