In passato il
vino era spesso considerato solo come un alimento corroborante per il lavoro, di
conseguenza la viticoltura era improntata verso l'adozione di tecniche
colturali che permettevano un'abbondante produzione di uva ma che perdevano
spesso d'occhio la qualità.
Nel tempo il vino
ha assunto un ruolo sempre più edonistico, i consumi pro capite si sono ridotti a vantaggio, però, di una maggiore
qualità; si è andata così modificando anche la viticoltura, le cui regole principali,
oggigiorno, sono:
- elevata densità
di impianto;
- bassa e concentrata forma di allevamento;
- basso numero di gemme per ceppo;
- basso numero di acini per grappolo.
La densità di
impianto, ossia il numero di piante per ettaro, è determinata dal sesto di impianto, la distanza cioè
tra i filari e tra le piante di un filare, ed influisce sulla qualità del vino,
perché la densità obbliga le piante ad entrare in competizione e a spingere più
in profondità le proprie radici. La densità ottimale per una viticoltura di
qualità comunemente indicata è di 6-7000 ceppi per ettaro.
Con
la riduzione del numero di gemme per ceppo, quindi di grappoli, si ottiene una
maggiore concentrazione di sostanze estrattive in pochi grappoli ed un prodotto
finale più pregiato.
La riduzione del numero di
acini per grappolo è una tecnica per accrescere la presenza di sostanze
nella parte superiore del grappolo e prevede il taglio della parte inferiore
dello stesso durante la fase di crescita.
La
potatura è una pratica colturale
utilizzata per orientare la produzione in senso quantitativo e qualitativo,
oltre che per dare una forma alla pianta e mantenerla nel tempo.
Con
la potatura secca, effettuata in
inverno, si decide quale sarà il numero di gemme che daranno origine ai
grappoli, per cui si hanno:
- potature corte (7-10 gemme), se si
è orientati verso la qualità
- potatura media (12-14 gemme), per
vitigni con bassissima fertilità basale (Nebbiolo)
- potature lunghe (15-25 gemme), se
interessa perlopiù la quantità
Con
la potatura verde, effettuata in
primavera-estate, si dà forma alla pianta, la si pulisce dai germogli fuoriusciti
dal tronco (spollonatura), si eliminano le foglie (sfogliature) che impediscono
una buona aerazione dei grappoli e quelle che determinano una eccessiva
sottrazione di energia.
I
sistemi di allevamento sono degli
schemi adottati per modificare la crescita della pianta attraverso opportune
tecniche colturali ed adattarla agli scopi per cui è coltivata; nella scelta
bisogna considerare le caratteristiche del vitigno, le condizioni
pedoclimatiche e se si vogliono meccanizzare le operazioni colturali. I
principali sistemi di allevamento sono:
-
alberello: forma di allevamento di ridotta espansione,
che normalmente non richiede sostegno dato che il cui tronco è basso (viene
mantenuto tra i 40-60cm da terra, a volte interrato nel terreno). Questa
forma di allevamento è propria dei terreni poco fertili e siccitosi, oppure dei
luoghi dove, per particolari condizioni climatiche, si necessita di forme
ridotte e compatte; questo sistema di allevamento è adottato nelle zone calde
all’interno di buche che proteggono i grappoli dai venti caldi, nelle zone
fredde perché la poca altezza permette di sfruttare il calore.
-
pergola: forma di allevamento a tetto
impiegato nelle zone ad elevata fertilità o montane del Centro-Nord Italia; si
tratta di un sistema che, grazie al suo sviluppo fogliare, ripara i grappoli
dall’azione diretta del sole, permettendo inoltre un buon arieggiamento dei
grappoli e la creazione di condizioni di luminosità idonee alla loro
maturazione. Il limite di questo sistema è rappresentato dalle rese molto
elevate a scapito della qualità qualora venga lasciato un numero eccessivo di
gemme.
-
tendone (a raggi): forma di allevamento a tetto adottato in ambienti con
elevata radiazione luminosa e bassa umidità dell'aria; infatti, è molto diffuso
nel Centro-Sud Italia, soprattutto per uve da tavola. E' un sistema che porta spesso
ad un’abbondante produttività.
-
guyot: sistema a spalliera, adatto ai
terreni meno fertili e più siccitosi di collina, si caratterizza per la ridotta
espansione. Sul fusto alto 50-80 cm vengono lasciati uno sperone con 2 gemme e
un capo a frutto con 10-12 gemme o meno (per tale possibilità di scelta del
numero di gemme viene definito a potatura mista); durante la potatura si
asporta il vecchio capo a frutto (taglio del passato), mentre dei 2 germogli
formatisi dalle 2 gemme lasciate sull'altro sperone quello più vicino al ceppo
è accorciato a 2 gemme (taglio del futuro) e l’altro destinato alla produzione
(taglio del presente) viene legato orizzontalmente ad un filo di ferro;
-
cordone speronato: sistema a
spalliera adatto a zone di media fertilità, più semplice da lavorare e più
adattabile sia alla potatura sia alla vendemmia meccanizzata. Il fusto della
pianta può arrivare a un metro di altezza e la potatura è fatta in modo da far
sviluppare un andamento orizzontale su un filo di ferro sul quale si trovano
gli speroni (i tralci).
-
sylvoz: ha trovato diffusione negli
ambienti freddo-umidi di pianura, soprattutto nel Nord-Italia; si tratta di un
sistema di allevamento a potatura lunga e piuttosto espanso, adatto alle grandi
produzioni. Prevede un tralcio orizzontale alto da cui dipartono i rami fruttiferi
arcuati verso il basso; una variante dello sylvoz è il sistema casarsa che prevede l’impianto di due
viti contro lo stesso palo (tutore metallico in acciaio zincato) e l’andamento
orizzontale dei tralci legnosi.
-
Geneva double courtain (G.D.C.):
sistema a chioma libera, studiato da un gruppo di lavoro negli Stati Uniti al
fine di meccanizzare la potatura e la vendemmia. E' costituito da un fusto
verticale che ad un'altezza di 1,7 m dal suolo prosegue con due cordoni
permanenti speronati e distanziati 1,4 m sul piano orizzontale; i sesti
d'impianto tra le file sono di 4 m con lo scopo di permettere il passaggio di
macchine vendemmiatrici.
Il filosofo Rudolf Steiner
La
coltivazione biologica è un tipo di
agricoltura, a basso impatto ambientale, che esclude l’utilizzo di diserbanti e
dei prodotti chimici di sintesi; sono consentiti solo prodotti a base di rame e
zolfo, poltiglia bordolese (contro la peronospora) e zolfo da miniera (contro
l’oidio).
La
coltivazione biodinamica si rifà ai
modelli di agricoltura espressi dal filosofo Rudolf Steiner agli inizi del
‘900, e dà importanza all’equilibrio del suolo e alle forze energetiche
stagionali, prevedendo nel rispetto dell’ambiente un limitatissimo uso di prodotti
chimici integrati con estratti vegetali che tendono a rinforzare le piante e ad
aumentare le autodifese; inoltre si tende a rispettare gli insetti utili e ad
utilizzare solo superfici vocate per la viticoltura, con l’obiettivo di
raggiungere una
massima diversificazione negli aromi del frutto e nel gusto del vino.
Se
hai trovato questo post interessante… dà un’occhiata al mio ebook “Nozioni
di base sul vino”.
Ciao, sono una tua nuova follower.
RispondiEliminaHo un blog di cucina ma di vini ne capisco poco.
Ho deciso, così, di cominciare a leggere il tuo di blog per imparare qualcosina!!!
A presto,
Rosa di Cooking in Rosa :D
Ciao Rosa, benvenuta!
Elimina