Questo
metodo, ideato a fine '800 da Federico Martinotti (direttore della Regia
Stazione Enologica di Asti) per accelerare il processo produttivo degli
spumanti e ridurne i costi, consiste nel realizzare la rifermentazione dei
vini-base in autoclavi, grandi cisterne a tenuta stagna; Eugène Charmat è
l'ingegnere francese che, successivamente (nel 1907), costruì e brevettò tali impianti.
Gli
spumanti ottenuti con questo metodo mantengono i caratteri fruttati ed
aromatici delle uve impiegate, e presentano:
-
colori tenui (giallo paglierino, a volte con riflessi verdolini);
-
profumi vivaci e fragranti, con accenti di frutta e fiori appena colti, note
erbacee;
-
sapori freschi e poco strutturati.
Il
Metodo Charmat prevede le seguenti fasi:
-
assemblaggio dei vini base fermi;
-
aggiunta di lieviti selezionati, zuccheri e sali minerali;
- rifermentazione
(presa di spuma);
-
travaso e filtrazione, in condizioni isobariche (per evitare perdite di
anidride carbonica), per
eliminare ulteriori residui di lieviti;
-
refrigerazione, per cristallizzare e far precipitare i sali di acido tartarico
che verranno poi eliminati con una successiva filtrazione;
-
imbottigliamento e tappatura, in condizioni isobariche.
L’autoclave, di acciaio inox, in cui avviene la
rifermentazione ha una capacità di
100-500 hl e presenta una doppia parete per far circolare sostanze refrigeranti
e controllare la temperatura di fermentazione (12-18°C).
A
seconda del tipo di spumante che si vuole ottenere, varia la durata di
permanenza sui lieviti:
- nessuna
permanenza sulle fecce (si utilizza per vitigni aromatici);
-
breve permanenza sulle fecce, 3 mesi (si utilizza per spumanti secchi);
-
lunga permanenza, da 6 a 9 mesi (“Charmat lungo”, profumi più ricchi con
sfumature di lieviti).
Per ottenere spumanti dolci la rifermentazione deve essere
interrotta quando il tenore zuccherino ha raggiunto il grado voluto; ciò si
ottiene riducendo di colpo la temperatura a -4/-5°C (la
refrigerazione blocca l’azione dei lieviti).
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