venerdì 20 ottobre 2017

Il report dell'evento "Wine Fitness: Barbera"


La sera del giovedì 19 ottobre, nella suggestiva cornice di salotto settecentesco, sito al piano nobile di un palazzo storico della città di Frattamaggiore (NA), si è svolto un altro incontro targato Wine Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani", sono volti all'approfondimento di vitigni e zone vitivinicole attraverso l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.

Foto di Salvatore Aroldo

Il focus è stato fatto questa volta sulla Barbera; tale vitigno deriva forse il nome dal termine medievale "Bàrberus", che significa irruente, aggressivo, indomito, così come è il vino giovane che da questa varietà se ne ottiene; secondo lo storico Aldo di Ricaldone, invece, l'origine del nome è da ascriversi alla somiglianza della Barbera con il "vinum Berberis", ossia il succo fermentato di Berberi, o Crespino, che presenta un bel colore rosso ed un gusto acidulo e astringente: tale succo, usato in cucina o come medicinale, era molto diffuso in Piemonte nel Medioevo.
A differenza di un passato piuttosto recente, che ha visto la produzione di vini "rustici", duri e acidi, oggigiorno da uve Barbera si ottengono vini pregevoli, in alcuni casi davvero notevoli, sia di pronta beva sia di più lungo affinamento.

Le prime testimonianze storiche della coltivazione della Barbera risalgono al XVIII e XIX secolo e la vogliono originaria del Monferrato: infatti, ampelografi dell'epoca la descrivono come "vitis vinifera montisferratensis"... Ed è stato proprio un vino prodotto in questo territorio ad aprire le danze... Stiamo parlando, infatti, del Rossore 2013 di Cascina Iuli, azienda fondata nel 1998 da Fabrizio Iuli, ottenuto da viti coltivate a 380 metri sul livello del mare secondo i principi dell'agricoltura biologica. Prodotto in circa 8'000 bottiglie l'anno, la fermentazione avviene in acciaio ed è operata da lieviti indigeni; dopo 12-15 giorni di macerazione sulle bucce, il vino matura poi in barrique di secondo passaggio di rovere francese per 16 mesi; successivamente è imbottigliato senza subire chiarifica né filtrazione. Appare nel bicchiere vestito di un intenso colore rosso rubino dai riflessi ancora violacei; esprime al naso sentori di ciliegia e viola incorniciati da sottili note speziate, mentre al gusto si fa notare per la grande freschezza ed il finale piacevole che invoglia alla beva.

E' stata poi la volta della Barbera dei Colli Tortonesi 2008 "Vignalunga" di Boveri, un nettare prodotto in sole 5'000 bottiglie l'anno e che matura per 18 mesi in barrique e tonneau. Una vera chicca, che si trovava tra l'altro in una fase davvero felice! Dal colore rosso granato mostra al naso una complessità plasmata dal tempo, dove emergono eleganti sentori di spezie, note di caffè, cacao e tabacco; di buona struttura e molto equilibrato al gusto, chiude con un lungo finale impreziosito da eleganti aromi di bocca.

Con il terzo vino in degustazione ci siamo spostati nelle Langhe... abbiamo, infatti, degustato la Barbera d'Alba "Vigna Francia" 2015 di Conterno, che prende il nome dal famoso cru di Serralunga. Questo vino, che matura per 20 mesi in botte, mostra sin da giovane una grande complessità olfattiva con profumi che arrivano così fitti ed intrecciati al naso da renderne difficile l'identificazione: dapprima note animali, selvatiche, cui seguono sentori di frutti e fiori rossi su un sottofondo di note di grafite, cioccolato fondente e caffè; in bocca è avvolgente, di grande piacevolezza gustativa ed elegante persistenza.

Abbiamo poi proseguito la serata con l'assaggio della Barbera d'Alba 2012 di Rinaldi, che è risultato il vino più carnoso e gastronomico della serata. Dall'intenso colore rosso rubino, si esprime al naso con sentori di frutta rossa e fiori, cui fanno da contorno note di agrumi e di pepe; di buona struttura al gusto... è un vino che richiama il cibo a tavola!

Ci siamo, infine, trasferiti nell'Astigiano, dove a Canelli, città famosa per il Moscato, nei vigneti dei fratelli Coppo è la Barbera a fare la parte del leone... abbiamo, infatti, degustato la Barbera d'Asti "Pomorosso" 2004, che matura per 14 mesi in barrique. Dal colore granato carico, impenetrabile, ed ancora molto vivace nonostante l'età, appare quasi sfacciato nella sua esuberanza olfattiva: a sentori di china si alternano note di rabarbaro, spezie orientali, caffè e cenni di viola essiccata su un sottofondo balsamico; al gusto i tannini sono levigati e, nonostante il gran corpo, il sorso mostra buona scorrevolezza. Di lunghissima persistenza... è la più potente Barbera mai assaggiata!


Un grande ringraziamento a Pierpaolo e Mena Damiano, aspiranti Sommelier Enodegustatori, per la gentile e calorosa ospitalità.


Per restare aggiornati sui prossimi eventi dell'associazione "Enodegustatori Campani" seguite il sito e la pagina facebook.

Grazie e alla prossima!







domenica 15 ottobre 2017

La Barbera riassunta in 7 punti


Foto presa dal web (Fonte: www.oenogrape.com)

1. Vitigno a bacca rossa autoctono del Piemonte, "la" Barbera in questa regione è indicata al femminile per tradizione.

2. Anche se le sue origini sono antichissime, le prime testimonianze storiche della sua coltivazione risalgono al XVIII e XIX secolo e la vogliono originaria del Monferrato: infatti, ampelografi dell'epoca la descrivono come "vitis vinifera montisferratensis".

3. La facile adattabilità a differenti tipi di clima e di terreno, la produzione abbondante, l'alta resa in mosto e la ricchezza in materia colorante sono stati i fattori che hanno portato la Barbera ad essere uno dei vitigni più diffusi in Italia. Trova la sua zona d'elezione in Piemonte, dove rende conto di quasi della metà del vino prodotto ogni anno; dà i migliori risultati nelle Langhe, dove si produce la corposa Barbera d'Alba, nel Monferrato, dove spiccano le denominazioni Barbera d'Asti e Nizza, e sui Colli Tortonesi. Diffusa anche in Lombardia, dove questa varietà dà prova della sua versatilità, essendo utilizzata soprattutto per la produzione dei vini frizzanti dell'Oltrepò Pavese, spesso in assemblaggio con Croatina e Bonarda; così come avviene anche in Emilia Romagna, per la produzione dei vini dei Colli Piacentini e del Gutturnio. La si trova, tuttavia, anche in altre regioni italiane e la sua coltivazione si spinge fino al Sud, dove è utilizzata per aumentare l'acidità dei vini rossi locali. Il Barbera è anche il vitigno italiano più esportato all'estero, soprattutto in Argentina e in California.

4. Secondo lo storico Aldo di Ricaldone, il nome di questo vitigno deriva alla somiglianza della Barbera con il "vinum Berberis", ossia il succo fermentato di Berberi, o Crespino, che presenta un bel colore rosso ed un gusto acidulo e astringente: tale succo, usato in cucina o come medicinale, era molto diffuso in Piemonte nel Medioevo. Secondo un'altra ipotesi, il nome deriva invece dal termine medievale "Bàrberus", che significa irruente, aggressivo, indomito, così come è il vino giovane che da questa varietà se ne ottiene.

5. Presenta un grappolo compatto e alato, con acini dalla buccia pruinosa, sottile e consistente, di colore blu intenso; la raccolta delle sue uve avviene in genere verso la fine di settembre, prolungandosi talvolta agli inizi di ottobre. L'elevata acidità presente nei suoi acini, anche in piena maturazione, consente di ottenere vini con buona propensione per l'invecchiamento.

6. A differenza di un passato piuttosto recente, che ha visto la produzione di vini "rustici", duri e acidi, oggigiorno da uve Barbera si ottengono vini pregevoli, in alcuni casi davvero notevoli, sia di pronta beva sia di più lungo affinamento (e sempre più spesso maturati in barrique di rovere francese). Si tratta in genere di vini dal colore rubino intenso, di buon corpo e con un'acidità evidente; quando giovani, presentano al naso sentori di frutta rossa, marasca e mirtilli, note di arancia rossa e di violetta, sfumature di pepe nero; con l'affinamento emergono poi al naso sentori di sottobosco, china, cacao, liquirizia e tabacco, spesso su un sottofondo balsamico.

7. I vini da uve Barbera: se giovani, ben accompagnano salumi, pasta al ragù, carni alla griglia e formaggi a media stagionatura; se invecchiati, possono abbinarsi anche a selvaggina, brasati, agnolotti e tajarin al tartufo.


  
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domenica 8 ottobre 2017

Il report dell'evento "Wine Fitness: Verdicchio"


La sera del giovedì 05 ottobre, presso il ristorante pizzeria "La Frasca" a Pozzuoli, si è svolto un altro incontro targato Wine Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani", sono volti all'approfondimento di vitigni e zone vitivinicole attraverso l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.

Foto di Salvatore Aroldo

Il focus è stato fatto questa volta sul Verdicchio; tale vitigno deriva il nome dal colore dell’uva che, anche a completa maturazione, non perde mai le sfumature verdoline, trasmettendole poi al vino. Le origini di questo vitigno sono sconosciute; tuttavia, dato che recenti studi genetici ne hanno evidenziato una parentela molto stretta con il Trebbiano di Soave, si è ipotizzata la sua introduzione nelle Marche da parte di coloni veneti giunti alla fine del '400 per ripopolare le campagne dopo un'epidemia di peste. Proprio in questa regione dell'Italia Centrale, questo vitigno ha trovato la sua terra d'elezione: viene, infatti, vinificato in purezza nelle zone di Matelica e di Jesi.

Il primo vino assaggiato è stato il Verdicchio di Matelica 2016 di Gagliardi, prima azienda a vendere il vino di questa zona in bottiglia; ottenuto da viti coltivate ad un'altitudine compresa tra i 300 e i 600 metri, questo vino si caratterizza al naso per i freschi sentori di menta e frutta a polpa bianca ancora acerba, mentre al gusto esprime grande freschezza, che ben bilancia l'importante componente alcolica, e piacevolezza gustativa.

Il secondo vino degustato è stato il Verdicchio di Matelica 2015 di Colle Stefano, azienda sita a Rustano di Castelraimondo, che coltiva le sue viti seguendo i principi dell'agricoltura biologica. Ottenuto da vigne collocate ad oltre 400 m s.l.m., questo vino, che matura per 4 mesi in acciaio sulle fecce fini, mostra rispetto al precedente una maggiore maturità al naso, dove richiama i profumi più caldi e avvolgenti della pesca e del fieno, e al gusto, apparendo più rotondo e persistente.

Ci siamo lasciati sempre più indietro le alture dell'Appennino per dirigerci verso il Mare Adriatico... abbiamo, infatti, proseguito la serata con il Verdicchio dei Castelli di Jesi "di Gino" 2015 della Fattoria San Lorenzo, un'azienda dalla lunga storia vitivinicola e guidata oggi da Natalino Cagnoletti coadiuvato dall'enologo Hartmann Donà. Del primo ce ne fa un ritratto la Guida Slowine 2016: "Natalino è tenace, crede nei principi di naturalità e nel minimo intervento sia in vigna, sia in cantina, con fermentazioni spontanee e lente".
Prodotto in circa 30'000 l'anno, questo vino si fa apprezzare per i sentori floreali e di pera, nonché per il suo gusto equilibrato.

E' stata poi la volta del buonissimo Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2016 di La Staffa, azienda guidata da quello che è considerato l' "enfant prodige" della zona, ossia dal giovanissimo Riccardo Baldi, il cui vino ci ha piacevolmente sorpreso.
Ottenuto da viti coltivate secondo i dettami dell'agricoltura biologica, questo vino esprime al naso eleganti note floreali e di frutta a polpa bianca su un lieve sottofondo di erbe aromatiche e di pietra focaia, mentre al gusto colpisce per la grandissima sapidità senza, tuttavia, risultare mai amaro.

Infine, abbiamo messo alla prova le capacità di invecchiamento dei vini ottenuti da uve Verdicchio... abbiamo, infatti, assaggiato il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva "Campo delle Oche" 2009 di Fattoria San Lorenzo. Mitico vino, prodotto in sole 11'000 bottiglie l'anno e lasciato a maturare sui lieviti per ben 18 mesi in vasche di acciaio, si è lasciato ammirare nel bicchiere per il suo colore oro antico, assolutamente vivo e non spento! Ha esordito poi al naso con sentori di distillato (whisky), miele, spezie e cioccolato bianco; morbido al gusto nella prima parte di bocca, è andato poi via piacevolmente e tipicamente amarognolo, nonché omaggiato da una lunga scia di aromi.


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Grazie e alla prossima!





mercoledì 4 ottobre 2017

Il Verdicchio riassunto in 7 punti


Foto presa dal web

1. Vitigno a bacca bianca dalle origini sconosciute, il Verdicchio deriva il suo nome dal colore dell’uva che, anche a completa maturazione, non perde mai le sfumature verdoline, trasmettendole poi al vino.

2. Largamente coltivato nelle Marche, dove è conosciuto da moltissimo tempo (le prime testimonianze della sua coltivazione risalgono al XVI secolo), questo vitigno difficilmente si adatta altrove.

3. Dato che recenti studi genetici ne hanno evidenziato una parentela molto stretta con il Trebbiano di Soave, si è ipotizzato che il Verdicchio sia stato introdotto nelle Marche da coloni veneti giunti alla fine del '400 per ripopolare le campagne dopo un'epidemia di peste.   

4. Troviamo questo vitigno in purezza nelle denominazioni Verdicchio dei Castelli di Jesi, Verdicchio di Matelica ed Esino Bianco.

5. Il Verdicchio presenta un grappolo di medie dimensioni dotato di una o due ali ed acini dalla buccia sottile di colore giallo verdastro. Nella zona più interna di Matelica, dove matura piuttosto lentamente, la vendemmia si svolge di solito nei primi giorni di ottobre, mentre sulle colline di Jesi la raccolta delle uve avviene negli ultimi dieci giorni di settembre.

6. Si tratta di un varietà versatile dal punto di vista enologico: dal Verdicchio, infatti, oltre ad ottimi bianchi fermi, si ottengono anche spumanti, decisamente freschi al gusto e dai profumi floreali,  e vini dolci; vinificato in acciaio dà in genere vini freschi e di pronta beva, mentre da fermentazioni in legno e vendemmie tardive si ottengono vini strutturati, longevi, e complessi al naso, dove esprimono eleganti sentori di anice e fiori bianchi, note di frutta secca e pietra focaia, mentre al gusto, si caratterizzano per la ricca sapidità e il finale piacevolmente amarognolo.

7. Negli anni ‘50 la famiglia Angelini, proprietaria della Fazi Battaglia, bandì un concorso che aveva come scopo la realizzazione di una bottiglia che avrebbe caratterizzato la commercializzazione del Verdicchio; nel 1953, l’architetto milanese Antonio Maiocchi disegnò quella che diventerà ben presto la bottiglia a forma di anfora e che ancora oggi è associata al Verdicchio; la forma ad anfora fu scelta in ricordo dei recipienti tipicamente usati dagli etruschi e anche l’etichetta riportava caratteri che ricordavano la scrittura etrusca, sottolineando la volontà di mantenere il legame di questo vino con la sua storia.


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