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1. Vitigno a bacca
bianca dalle origini sconosciute, il Verdicchio
deriva il suo nome dal colore dell’uva che, anche a completa
maturazione, non perde mai le sfumature verdoline, trasmettendole poi al vino.
2. Largamente
coltivato nelle Marche, dove è conosciuto da moltissimo tempo (le prime
testimonianze della sua coltivazione risalgono al XVI secolo), questo vitigno difficilmente
si adatta altrove.
3. Dato che recenti
studi genetici ne hanno evidenziato una parentela molto stretta con il Trebbiano di Soave, si è ipotizzato che
il Verdicchio sia stato introdotto
nelle Marche da coloni veneti giunti alla fine del '400 per ripopolare le
campagne dopo un'epidemia di peste.
4. Troviamo questo
vitigno in purezza nelle denominazioni Verdicchio
dei Castelli di Jesi, Verdicchio di
Matelica ed Esino Bianco.
5. Il Verdicchio presenta un grappolo di medie
dimensioni dotato di una o due ali ed acini dalla buccia sottile di colore
giallo verdastro. Nella zona più interna di Matelica, dove matura piuttosto
lentamente, la vendemmia si svolge di solito nei primi giorni di ottobre,
mentre sulle colline di Jesi la raccolta delle uve avviene negli ultimi dieci
giorni di settembre.
6. Si tratta di un
varietà versatile dal punto di vista enologico: dal Verdicchio, infatti, oltre ad ottimi bianchi fermi, si ottengono
anche spumanti, decisamente freschi al gusto e dai profumi floreali, e vini dolci; vinificato in acciaio dà in
genere vini freschi e di pronta beva, mentre da fermentazioni in legno e vendemmie
tardive si ottengono vini strutturati, longevi, e complessi al naso, dove esprimono
eleganti sentori di anice e fiori bianchi, note di frutta secca e pietra
focaia, mentre al gusto, si caratterizzano per la ricca sapidità e il finale
piacevolmente amarognolo.
7. Negli anni ‘50 la
famiglia Angelini, proprietaria della Fazi Battaglia, bandì un concorso che
aveva come scopo la realizzazione di una bottiglia che avrebbe caratterizzato
la commercializzazione del Verdicchio; nel 1953, l’architetto milanese Antonio
Maiocchi disegnò quella che diventerà ben presto la bottiglia a forma di anfora
e che ancora oggi è associata al Verdicchio; la forma ad anfora fu scelta in
ricordo dei recipienti tipicamente usati dagli etruschi e anche l’etichetta
riportava caratteri che ricordavano la scrittura etrusca, sottolineando la
volontà di mantenere il legame di questo vino con la sua storia.
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