Mai
sentito parlare di Vino Cotto?
Eppure
il Vino Cotto ha origini antiche...
così come testimoniato anche da autori latini, come Plinio il Vecchio e
Columella, che ne descrivono le tecniche produttive, nonché la consuetudine
degli imperatori romani di berlo a fine pasto. Successivamente, nel XVI secolo,
a parlare di Vino Cotto è Sante Lancerio, bottigliere di papa Paolo III, che ne
esalta la bontà e, un po' più tardi, Andrea Bacci, medico e filosofo nativo di
Sant'Elpidio (un comune delle Marche). In tempi più recenti, Mario Soldati nel
suo capolavoro Vino
al Vino ci racconta che, durante uno dei sui viaggi in giro per l'Italia alla ricerca di
"qualche vino", si imbatte in una bottiglia di
Vino Cotto di sessanta anni!
La
produzione di questa tipologia di vino, tipicamente marchigiana, è descritta dall'ingegner
Cimìca (proprietario della bottiglia
di cui sopra) nelle pagine di Mario Soldati: "Si usano tutte le uve, pregiate e non pregiate, mescolandole
senza guardare per il sottile ... Si mescolano, e, prima ancora che cominci la
fermentazione, si bolle questo uvaggio in una grande caldaia di rame, da
cinque, sei, sette ettolitri. Si lascia bollire per circa sei ore, badando
continuamente, con un'enorme "schiumarola" a ripulire il vino dalle
impurità che si vengono formando e che via via risalgono alla superficie. Sei
ore è il tempo normale. Ma, in ogni caso, si attende che il volume del mosto,
bollendo, si sia ridotto di un terzo. Tale mosto, allora, viene chiamato
"rinterzato". Lo si lascia fermentare nelle botti per dieci, quindici
giorni. Un grande imbuto, ficcato nella botte, favorisce le esalazioni nocive.
Prima che si possa bere, occorrono almeno sei mesi. Ma la grande particolarità
del Vino Cotto consiste nella sua attitudine ad invecchiare. E' sempre buono:
col tempo, sempre più buono."
Presa
la vecchia bottiglia dalla "nicchia
del sancta sanctorum", l'ingegner Cimìca la fa assaggiare al nostro
Soldati, che così commenta: "Lo
trovo, come vino da dessert, ottimo. Di un bel colore rosso mattone a riflessi
di oro cupo, il sapore strano, affumicato e ruvido della sua moderata dolcezza
corregge ed evita quella dolcezza vischiosa e a volte nauseabonda di tanti
passiti o "marsalati". C'è qualcosa di affascinante, di profondamente
rustico e montano, nel Vino Cotto".
Grazie
a Emanuela Tiberi, ho avuto anch'io
occasione di assaggiare una bottiglia (anno 2004) di Vino Cotto... quello
prodotto dal papà ed invecchiato 10 anni: il suo preferito! Che mi ha ammaliato
con i suoi sentori speziati e di frutta secca, prugna, fichi, datteri e
nocciole... e con il suo gusto che ricalca quello descritto anni fa (era
l'autunno del 1970) dal Soldati.
Sull'etichetta
della bottiglia si legge "Vino cotto stravecchio marca occhio di
gallo", in quanto i nonni di Emanuela dicevano che il Vino Cotto, per
essere buono, deve avere il colore dell'occhio del gallo.
Così
ancora oggi, come un tempo, sulle colline di Loro Piceno da uve Verdicchio,
Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese,
coltivate su terreni argillosi a oltre quattrocento metri sul livello del mare, si ottiene un mosto che viene cotto e
invecchiato in botti di legno come da tradizione centenaria tramandata da padre
in figlio.
Azienda Agricola
Tiberi David
62020
Loro Piceno (MC)Via Vignali Bagnere, 5/A
Tel. 3472949426
email: tiberi@vinocotto.org
http://www.vinocotto.org/
Ho assaggiato a fiera città di castello e presa una bottiglia...fantastico!
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