lunedì 29 luglio 2013

E’ o non è un vino monovitigno?

Immagine presa da Internet

Mi è capitato in questi giorni di bere un vino che recava in bella mostra in etichetta il nome di un solo vitigno ma che all’assaggio era palesemente tutt’altro.
Ciò mi ha dato occasione per riflettere sulla pratica, piuttosto diffusa (spesso anche permessa nei disciplinari), di tagliare il vino ottenuto da determinate uve con quello ottenuto da vitigni di spiccata personalità (soprattutto Sauvignon Blanc per i bianchi e Cabernet Sauvignon per i rossi).
Ne risultano spesso vini “che piacciono”... ma irrimediabilmente stravolti nella loro identità!
Chi beve tale vino, attenendosi a ciò che legge in etichetta e considerandolo, quindi, come il risultato della pigiatura di determinate uve, avrà di conseguenza un’idea alterata di ciò che quel vitigno può dare.
Anziché mettere in primo piano il nome di un solo vitigno, perché non scrivere quello della zona di produzione o, nei casi in cui ciò non sia possibile a causa di normative varie, dare al vino un nome di fantasia che magari rievochi la storia del luogo? 
Oggi vanno ancora molto i “vini monovitigno”, ma specificare le uve utilizzate (magari indicandone anche le relative percentuali), penso sia di giovamento per tutti! Per il produttore, per il vitigno, per il consumatore e, soprattutto, per il territorio!

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