La
sera del martedì 19 dicembre, nella suggestiva cornice di un salotto
settecentesco, sito al piano nobile di un palazzo storico della città di
Frattamaggiore (NA), si è svolto un altro incontro targato Wine
Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione
Culturale "Enodegustatori Campani",
sono volti all'approfondimento di vitigni e zone vitivinicole attraverso
l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.
Il focus è stato fatto questa volta sulla
più piccola regione d'Italia, ossia la Valle
d'Aosta che, situata all'estremo nord-ovest tra le Alpi, presenta un
territorio prevalentemente montuoso ed un clima continentale, caratterizzato da
inverni freddi e nevosi ed estati brevi e calde.
Favorita da condizioni climatiche molto
più favorevoli delle odierne, il popolo dei Salassi ha coltivato la vite in
questa regione da tempi remoti e fino all'arrivo dei conquistatori romani che,
tuttavia, investirono anche loro energie nella cura della vite. Nei secoli
successivi la viticoltura valdostana sopravvisse alle carestie e alle invasioni
barbariche, e la fama dei vini qui prodotti si estese anche al di là dei
confini regionali; tuttavia, nella seconda metà del XIX secolo l'arrivo della
fillossera provocò ingenti danni al vigneto di questa regione che, anche se non
del tutto distrutto, vide la perdita di qualche varietà, come l'antico Muscatel de Saint-Denis, e la successiva
introduzione di vitigni francesi e piemontesi.
La viticoltura valdostana si concentra
lungo la valle della Dorea Baltea, fiume che attraversa la regione
orizzontalmente piegando poi a sud al confine con il Piemonte. Si tratta di una
viticoltura che possiamo definire "eroica": non poche sono, infatti,
le fatiche di chi si prende cura delle viti, coltivate spesso ad altezze
vertiginose (che in alcune zone superano anche i 1200 metri) su terrazzamenti ricavati
su ripidi pendii montani e sostenuti da muretti di pietra e mattone.
La piccolissima superficie vitata della
Valle d'Aosta è frammentata in moltissime proprietà e solo poche aziende
vantano un vigneto di dimensioni superiore ad un ettaro. Contrariamente a
quanto si possa immaginare, sono le uve a bacca rossa a farla da padrone nei
vigneti di questa regione, dove il sistema di allevamento della vite più
diffuso è la pergola valdostana, sostenuta da colonne in pietra e pali in
legno.
Ad aprire le danze sono stati due
bianchi prodotti nell'Alta Valle e ottenuti da uve raccolte nei vigneti più
alti d'Europa, ai piedi del Monte Bianco: si tratta, infatti, di due Blanc de Morgex et de la Salle, che
nascono da viti di Prié Blanc
coltivate a "piede franco", ossia senza ricorrere all'innesto, perché
di notte il terreno ghiaccia non consentendo così alla fillossera di
sopravvivere.
Il primo è un 2015 di Cave du Mont Blanc
de Morgex et de La Salle azienda che, fondata nel 1983, conta 19 ettari
vitati nel territorio dei comuni di Morgex e La Salle.
Di questo vino, dal freddo colore giallo
paglierino con riflessi verdolini, vengono prodotte circa 50'000 bottiglie
l'anno; la maturazione avviene in acciaio, al naso esprime sentori di frutta a
polpa bianca, fiori gialli, agrumi ed erbe alpine, mentre al gusto è di
un'acidità tagliente, tanto da ricordare qualche Asprinio.
Il secondo vino degustato, prodotto in
circa 32'000 bottiglie l'anno, è ottenuto da viti coltivate a pergola bassa, secondo
i principi dell'agricoltura biologica, da Pavese
Ermes.
L'anno di raccolta delle uve è il 2012 ed il vino, anch'esso maturato in
solo acciaio, si presenta di un colore un po' più carico rispetto al
precedente, mostrando inoltre maggiore complessità al naso, dove emergono note
minerali, di frutta a polpa gialla e di miele di eucalipto... di maggiore
struttura e persistenza all'assaggio, mostra un'acidità ben presente ma i cui
spigoli sono stati smussati dal tempo.
Ci siamo, quindi, spostati nella Bassa
Valle, dove il vigneto valdostano risente dell'influenza del vicino Piemonte:
infatti, il vitigno più coltivato è il Nebbiolo,
qui chiamato "Picoutener" (ossia, dall'acino piccolo e tenero).
Abbiamo fatto un focus su sui vini prodotti a Donnas, una sottozona che in epoca romana fu centro di transito e
sosta sulla vie delle Gallie, così come testimoniato anche da un antico tratto di
strada lastricata e da un arco intagliato nella roccia (ritratto sulle
etichette dei vini qui prodotti). In questo piccolo paese valdostano ha sede la
Caves Cooperatives de Donnas
che, costituita nel 1971, conta oltre ottanta soci che coltivano circa 25
ettari vitati su pendii montani che non consentono alcun tipo di meccanizzazione.
Abbiamo degustato il Pinot Gris 2016 che, prodotto in sole
3'500 bottilgie l'anno, ha mostrato un naso piuttosto intenso e complesso,
descritto da sentori minerali e floreali, da note di frutta a polpa gialla e cenni
di erbe aromatiche. Di buona struttura all'assaggio, il sorso è scandito da un
ingresso morbido e da un finale sapido, lungo e ammandorlato.
E' stata poi la volta del Rosé "Larmes du Paradis" 2016.
Questo vino, che ammalia con il suo colore rosa cerasuolo, è ottenuto da uve Nebbiolo; al naso è intenso, con
scintillii di frutta rossa fresca (fragola, ciliegia) e mela su note floreali e
minerali. Di discreta struttura all'assaggio, presenta una buona freschezza
gustativa ed una componente alcolica ben integrata; i tannini sono sfumati ma
percepibili ed il finale caratterizzato da bei ritorni floreali.
Siamo
passati poi all'assaggio dei vini rossi con il Barmet 2016, ottenuto da uve Nebbiolo
per l'85% e da uve Freisa e Neyret per il restante 15%. Prodotto in
circa 13'000 bottiglie l'anno, questo vino richiama nel nome le piccole e
fresche cantine che, ricavate sotto le rocce, sono disseminate tra i vigneti
della zona. Dal colore rosso rubino e di bella trasparenza, si presenta al naso
con sentori di frutti di bosco e viola, note silvestri e cenni di pepe.
All’assaggio è gustoso e dai tannini delicati, di discreta struttura e buona
persistenza.
Un vino fresco… che si lascia
piacevolmente bere anche nelle calde sere di primavera-estate.
Infine,
abbiamo assaggiato un Donnas 2014
che, ottenuto da uve Nebbiolo per il
90% e da uve Freisa e Neyret per il restante 10%, matura per
12 mesi in botti di rovere da 25 ettolitri. Prodotto in circa 33'000 bottiglie
l'anno, questo vino (definito "il fratello montano del Barolo") si
presenta nel bicchiere di colore rosso rubino, tendente al granato; al naso è
intenso e avvolgente, con sentori di frutti di bosco sorretti da note
balsamiche, quasi mentolate, e di spezie dolci che, dopo alcune rotazioni nel
bicchiere, lasciano poi spazio ai toni più scuri della liquirizia. All’assaggio
è di buona freschezza, scorre via agilmente nonostante la struttura piuttosto
importante, i tannini sono fitti ma non spigolosi; il vino lascia infine la
bocca con una piacevole scia di aromi e una romantica sensazione dal gusto
rupestre.
Una piacevole degustazione di vini
caratterizzati, tra l'altro, da un ottimo rapporto qualità/prezzo... il che,
soprattutto al giorno, d'oggi non è cosa da non tenere in conto!
Come
sempre, un grande ringraziamento va a Pierpaolo
e Mena Damiano, aspiranti Sommelier
Enodegustatori, per la gentile e calorosa ospitalità.
Per
restare aggiornati sui prossimi eventi dell'associazione "Enodegustatori Campani"
seguite il sito e la pagina facebook.
Grazie
e alla prossima!