mercoledì 20 dicembre 2017

Il report dell'evento "Wine Fitness: Valle d'Aosta"


La sera del martedì 19 dicembre, nella suggestiva cornice di un salotto settecentesco, sito al piano nobile di un palazzo storico della città di Frattamaggiore (NA), si è svolto un altro incontro targato Wine Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani", sono volti all'approfondimento di vitigni e zone vitivinicole attraverso l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.


Il focus è stato fatto questa volta sulla più piccola regione d'Italia, ossia la Valle d'Aosta che, situata all'estremo nord-ovest tra le Alpi, presenta un territorio prevalentemente montuoso ed un clima continentale, caratterizzato da inverni freddi e nevosi ed estati brevi e calde.

Favorita da condizioni climatiche molto più favorevoli delle odierne, il popolo dei Salassi ha coltivato la vite in questa regione da tempi remoti e fino all'arrivo dei conquistatori romani che, tuttavia, investirono anche loro energie nella cura della vite. Nei secoli successivi la viticoltura valdostana sopravvisse alle carestie e alle invasioni barbariche, e la fama dei vini qui prodotti si estese anche al di là dei confini regionali; tuttavia, nella seconda metà del XIX secolo l'arrivo della fillossera provocò ingenti danni al vigneto di questa regione che, anche se non del tutto distrutto, vide la perdita di qualche varietà, come l'antico Muscatel de Saint-Denis, e la successiva introduzione di vitigni francesi e piemontesi.

La viticoltura valdostana si concentra lungo la valle della Dorea Baltea, fiume che attraversa la regione orizzontalmente piegando poi a sud al confine con il Piemonte. Si tratta di una viticoltura che possiamo definire "eroica": non poche sono, infatti, le fatiche di chi si prende cura delle viti, coltivate spesso ad altezze vertiginose (che in alcune zone superano anche i 1200 metri) su terrazzamenti ricavati su ripidi pendii montani e sostenuti da muretti di pietra e mattone.

La piccolissima superficie vitata della Valle d'Aosta è frammentata in moltissime proprietà e solo poche aziende vantano un vigneto di dimensioni superiore ad un ettaro. Contrariamente a quanto si possa immaginare, sono le uve a bacca rossa a farla da padrone nei vigneti di questa regione, dove il sistema di allevamento della vite più diffuso è la pergola valdostana, sostenuta da colonne in pietra e pali in legno.

Ad aprire le danze sono stati due bianchi prodotti nell'Alta Valle e ottenuti da uve raccolte nei vigneti più alti d'Europa, ai piedi del Monte Bianco: si tratta, infatti, di due Blanc de Morgex et de la Salle, che nascono da viti di Prié Blanc coltivate a "piede franco", ossia senza ricorrere all'innesto, perché di notte il terreno ghiaccia non consentendo così alla fillossera di sopravvivere.

Il primo è un 2015 di Cave du Mont Blanc de Morgex et de La Salle azienda che, fondata nel 1983, conta 19 ettari vitati nel territorio dei comuni di Morgex e La Salle.
Di questo vino, dal freddo colore giallo paglierino con riflessi verdolini, vengono prodotte circa 50'000 bottiglie l'anno; la maturazione avviene in acciaio, al naso esprime sentori di frutta a polpa bianca, fiori gialli, agrumi ed erbe alpine, mentre al gusto è di un'acidità tagliente, tanto da ricordare qualche Asprinio.

Il secondo vino degustato, prodotto in circa 32'000 bottiglie l'anno, è ottenuto da viti coltivate a pergola bassa, secondo i principi dell'agricoltura biologica, da Pavese Ermes.
L'anno di raccolta delle uve è il 2012 ed il vino, anch'esso maturato in solo acciaio, si presenta di un colore un po' più carico rispetto al precedente, mostrando inoltre maggiore complessità al naso, dove emergono note minerali, di frutta a polpa gialla e di miele di eucalipto... di maggiore struttura e persistenza all'assaggio, mostra un'acidità ben presente ma i cui spigoli sono stati smussati dal tempo.

Ci siamo, quindi, spostati nella Bassa Valle, dove il vigneto valdostano risente dell'influenza del vicino Piemonte: infatti, il vitigno più coltivato è il Nebbiolo, qui chiamato "Picoutener" (ossia, dall'acino piccolo e tenero). Abbiamo fatto un focus su sui vini prodotti a Donnas, una sottozona che in epoca romana fu centro di transito e sosta sulla vie delle Gallie, così come testimoniato anche da un antico tratto di strada lastricata e da un arco intagliato nella roccia (ritratto sulle etichette dei vini qui prodotti). In questo piccolo paese valdostano ha sede la Caves Cooperatives de Donnas che, costituita nel 1971, conta oltre ottanta soci che coltivano circa 25 ettari vitati su pendii montani che non consentono alcun tipo di meccanizzazione.

Abbiamo degustato il Pinot Gris 2016 che, prodotto in sole 3'500 bottilgie l'anno, ha mostrato un naso piuttosto intenso e complesso, descritto da sentori minerali e floreali, da note di frutta a polpa gialla e cenni di erbe aromatiche. Di buona struttura all'assaggio, il sorso è scandito da un ingresso morbido e da un finale sapido, lungo e ammandorlato.

E' stata poi la volta del Rosé "Larmes du Paradis" 2016. Questo vino, che ammalia con il suo colore rosa cerasuolo, è ottenuto da uve Nebbiolo; al naso è intenso, con scintillii di frutta rossa fresca (fragola, ciliegia) e mela su note floreali e minerali. Di discreta struttura all'assaggio, presenta una buona freschezza gustativa ed una componente alcolica ben integrata; i tannini sono sfumati ma percepibili ed il finale caratterizzato da bei ritorni floreali.

Siamo passati poi all'assaggio dei vini rossi con il Barmet 2016, ottenuto da uve Nebbiolo per l'85% e da uve Freisa e Neyret per il restante 15%. Prodotto in circa 13'000 bottiglie l'anno, questo vino richiama nel nome le piccole e fresche cantine che, ricavate sotto le rocce, sono disseminate tra i vigneti della zona. Dal colore rosso rubino e di bella trasparenza, si presenta al naso con sentori di frutti di bosco e viola, note silvestri e cenni di pepe. All’assaggio è gustoso e dai tannini delicati, di discreta struttura e buona persistenza.
Un vino fresco… che si lascia piacevolmente bere anche nelle calde sere di primavera-estate.

Infine, abbiamo assaggiato un Donnas 2014 che, ottenuto da uve Nebbiolo per il 90% e da uve Freisa e Neyret per il restante 10%, matura per 12 mesi in botti di rovere da 25 ettolitri. Prodotto in circa 33'000 bottiglie l'anno, questo vino (definito "il fratello montano del Barolo") si presenta nel bicchiere di colore rosso rubino, tendente al granato; al naso è intenso e avvolgente, con sentori di frutti di bosco sorretti da note balsamiche, quasi mentolate, e di spezie dolci che, dopo alcune rotazioni nel bicchiere, lasciano poi spazio ai toni più scuri della liquirizia. All’assaggio è di buona freschezza, scorre via agilmente nonostante la struttura piuttosto importante, i tannini sono fitti ma non spigolosi; il vino lascia infine la bocca con una piacevole scia di aromi e una romantica sensazione dal gusto rupestre.


Una piacevole degustazione di vini caratterizzati, tra l'altro, da un ottimo rapporto qualità/prezzo... il che, soprattutto al giorno, d'oggi non è cosa da non tenere in conto!

Come sempre, un grande ringraziamento va a Pierpaolo e Mena Damiano, aspiranti Sommelier Enodegustatori, per la gentile e calorosa ospitalità.


Per restare aggiornati sui prossimi eventi dell'associazione "Enodegustatori Campani" seguite il sito e la pagina facebook.

Grazie e alla prossima!






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